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Autore: mragnedda Pagina 28 di 34

La condanna a morte di Sakineh e la manipolazione mediatica

Due brevi premesse, a scanso di equivoci. Sono contro la pena di morte. E sono contro il regime degli ayatollah in Iran. Ma vi sono alcune cose nella vicenda Sakineh che mi fanno riflettere e sono emblematiche del sistema mediatico e credo siano utili per capire come funziona, quella che io chiamo, la manipolazione mediatica.

Iniziamo dai fatti. Sakineh non è accusata solo di adulterio (inutile aggiungere che è barbaro accusare qualcuna/o per adulterio), ma anche di omicidio del marito (cosa un po’ più grave mi sembra). Dunque la condanna a morte (ed io resto contrario) è per omicidio e non perché ha passato una notte di follia con il suo amante. Mi chiedo: perché le stesse persone che scendono oggi in piazza, che cambiano la propria immagine del profilo facebook con quella di Sakineh, che vogliono difenderla a tutti i costi, non lo fanno per tutti gli altri condannati a morte sparsi per il pianeta? Forse una condanna a morte vale di più in Iran che negli USA, o in Cina o in Arabia Saudita? O forse perché i media nazionali e internazionali ti invitano, direttamente o indirettamente, a farlo? Come chiamare questo, se non manipolazione mediatica? Il gioco sembra essere questo: io difendo Sakineh perché tutti i media me ne parlano. Me ne fotto del sig. Ronnie Lee Gardner, condannato a morte negli Stati Uniti, ed ucciso lo scorso giugno con la fucilazione. Me ne fotto, perché i TG nazionali ed internazionali non ne hanno incessantemente parlato. E perché gli USA sono un Paese amico. Perché, oltre alla legittima difesa della vita di Sakineh, non avete anche pubblicato l’appello a salvare il sig. Ronnie Lee Gardner? Perché? La sua vita valeva di meno di quella di Sakineh? O morire per fucilazione è meno grave?

A proposito, e qui arriviamo al secondo punto: la lapidazione. Ahimè questa barbara pratica resta in vigore, come sanzione penale, in diversi paesi o regioni di paesi, tra cui, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Nigeria, il Pakistan, il Sudan, lo Yemen e nella provincia di Aceh, in Indonesia. Perché, allora, nessuna campagna stampa contro l’Arabia Saudita? Forse perché è nostro fidato partner economico e militare? O forse perché è in prima linea in una eventuale guerra all’Iran (ha già concesso gli spazi aerei per bombare Teheran)? Ma perché nessuno protesta contro il regime saudita dove alle donne è proibito anche semplicemente avere la patente e sono poco più (io direi: poco meno) di un oggetto?

Book Review: Schools under Surveillance: Cultures of Control in Public Education.

Ragnedda, Massimo. 2010. Review of Monahan and Torres’ (eds.) Schools Under Surveillance. Cultures of Control in Public Education. New Brunswick: Rutgers University Press, in Surveillance & Society 7(3/4): 356-7. http://www.surveillance-and-society.org | ISSN: 1477-7487

School safety is of concern to the American public in general. Parents, students, teachers and staff want safe places where they and their children can study and work. Schools under Surveillance sheds light on the complexities of the culture of control in the public education system. Editors Monahan and Torres have collected thirteen essays from researchers studying surveillance and discipline in contemporary public schools in North America, mostly in the US, offering a brilliant guide to this topic. The contributors are American academics with different disciplinary backgrounds. The topics they address are wideranging, and include privacy and human rights issues, the cultural politics of race in urban education, new disciplinary orders in the carceral school and the security cultures and everyday resistance to school surveillance. Overall, the book presents a pragmatic and multi-disciplinary approach to the issue of surveillance and discipline in contemporary public schools. This volume’s interdisciplinarity makes the collection a provocative and stimulating reflection on cultures of control but also provides a brilliant overview of creative forms of resistance. Public schools, in particular in the US, are now among the most surveilled spaces, but perhaps because of this, are also creative spaces for resisting surveillance mechanisms. Teachers and students resist in different ways and not just through acts of sabotage but also through forms of artistic performance.

Discussione sulla crescente intolleranza in Italia

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Il mondo dell’immigrazione raccontato dal cinema. Dopo la proiezione del cortometraggio Permesso?, sono intervenuti: Antonio Maciocco il regista, Salvatore Marino, Assessore al Lavoro, alle Politiche Occupazionali e dellImmigrazione della Provincia di Sassari e Ossou Baidy Kane, il co-protagonista.

Ha coordinato l’incontro Massimo Ragnedda, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Sassari.

Il cortometraggio di Antonio Maciocco ha vinto Premio NEI (Network Euromediterraneo nterculturale) nel concorso Il Cinema racconta il lavoro edizione 2009, organizzato dalla Società Umanitaria-Cineteca Sarda di Cagliari e dallAgenzia Regionale per il Lavoro. Il cortometraggio, che si avvale della prestigiosa interpretazione dellattore Piero Nuti, è stato girato nel novembre scorso, tra Alghero e Sassari, da una troupe di quindici persone, interamente composta da ragazzi sardi. Il film, coprodotto dal Cineclub Sassari Fedic, è stato realizzato grazie al contributo dellAssessorato al Lavoro, alle Politiche Occupazionali e dellImmigrazione della Provincia di Sassari e allintervento di diverse realtà locali.

L’Isola dei cassintegrati. Tra reality e realtà. E lotta operaia

Ci sono irrealtà che diventano reali grazie ai reality show e realtà che per poter apparire per quello che sono, ovvero reali, devono assumere le sembianze di un reality. Delle prime è piena la nostra tv, simulacro della realtà. Programmi al limite del macabro, lontane dalle realtà e popolate da personaggi più o meno squallidi, ballerini, nulla facenti e senza nulla saper fare. Alcuni hanno un pedigree artistico, magari hanno fatto radio e tv o sono starlette ormai appassite o ex calciatori che da tempo immemore hanno appeso le scarpe al chiodo. Hanno la nostalgia del flash che li abbaglia, dei riflettori accesi su di loro, delle chiacchiere sul loro conto. Peggio ancora: vi sono dei dementi che si chiudono in una casa e la gente li guarda sognando di poter stare lì dentro, in un’estasi di stupidità. Segno dei tempi. Tempi morti. Tempi appassiti. Relitti di realtà. Dio è morto in un reality show, avrebbe detto oggi Guccini. Vi sono poi delle realtà che nell’Italia berlusconiana, lobomotizzata e appassita dinnanzi alla tv, ai comici e ballerine, principi e donne seminude, stentano a trovare visibilità. Sono i tanti disoccupati, nell’ultimo anno ci dice l’Istat sono aumentati di 380.000, sono i cassintegrati, chi è a rischio perdita di lavoro, chi non ha futuro, chi mai c’è l’ha avuto. Chi mai ce l’avrà. Di questa Italia non si parla, l’informazione di regime non parla, non sente, non vede. Ma questa Italia esiste. Ahimè. Povertà in aumento, disoccupazione, salari sempre più bassi. Ma guai a parlarne. Ma guai a mostrare questo lato oscuro della realtà. Ma è la realtà. Meglio allora far vedere due donne seminude che aiutano un conduttore tv a far vincere (ma la vita non è quiz, o forse aveva ragione Arbore…) qualche fortunato una montagna di soldi. Ma non tutti possono vincere. Anzi quasi nessuno può vincere. Milioni di persone restano senza lavoro e quello che hanno lo stanno perdendo. Ma si parla di tette e culi, di comici e ballerine. E in tv il premier attacca i giudici e parla di riforme.

Potere assoluto. Libro inchiesta sulla protezione civile

Venerdi 19 marzo 2010 ore 18.00, Saletta Odradek, Sassari, presentazione di “Potere assoluto. La protezione civile al tempo di Bertolaso” di Manuele Bonaccorsi (Edizioni Alegre, 2009). Massimo Ragnedda intervista l’autore.

Che cosa accomuna la preregata della Louis Vuitton cup a Trapani, il G8 della Maddalena (mai avvenuto), quello de L’Aquila, il terremoto del 6 aprile e il Papa? La risposta è Guido Bertolaso e la Protezione civile. Ente creato, o meglio, modificato ad hoc dal governo Berlusconi per poter stanziare finanziamenti a nove zeri senza il controllo preventivo degli organi istituzionali.
Nel libro Potere assoluto, la Protezione civile al tempo di Bertolaso, Manuele Bonaccorsi, redattore del settimanale Left, traccia un documentato ritratto di una macchina gigantesca e potente, che, grazie a decreti e ordinanze, può agire indisturbata in forza di situazioni di emergenza come calamità naturali o di dichiarazioni (discrezionali) di “grandi eventi”.
Il suo capo, Guido Bertolaso, diventa così il Re Sole dei nostri giorni, il “legibus solutus”, che può disporre di fondi pressoché illimitati e poteri di ordinanza non soggetti al vaglio della Corte dei conti o della Corte costituzionale. Un sistema di potere che si regge sulla possibilità di elargire finanziamenti in deroga alle leggi (fino a riscrivere anche norme sull’ordine pubblico come nel caso di Napoli), ai regolamenti per la concessione degli appalti e ai diritti dei lavoratori (vedi G8 della Maddalena).

L’informazione in Italia ai tempi di Berlusconi. Facciamo parlare i dati

Secondo il Censis (2009) ad un mese dalle elezioni i cittadini che hanno chiare le idee su chi voteranno sono il 27%. La restante parte, ovvero quasi ¾ dei cittadini sceglie chi votare grazie ai media e al mondo dell’informazione. E come si informano i cittadini? Sempre secondo il Censis, durante la campagna elettorale per le elezioni europee il 69,3% degli elettori si è informato attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali. In altri termini quasi 7 persone su dieci sceglie per chi votare grazie alla TV. I Tg restano il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casalinghe (74,1%). Al secondo posto, troviamo ancora la Tv, con i programmi giornalistici di approfondimento (Vespa, Santoro, Floris ecc…), a cui si è affidato il 30,6% degli elettori. Dunque ad un mese dalle elezioni 3 cittadini su 4 ancora non ha scelto per chi votare. Il 73% dei cittadini, nel decidere a chi dare la propria fiducia vuole informarsi. Abbiamo visto che ci si informa anche e soprattutto grazie alla TV, in particolare grazie ai TG e in secondo luogo grazie alle trasmissioni di approfondimento. Ora, dato che queste ultime sono state censurate (unico caso nel mondo occidentale) non restano che i TG, unico veicolo di informazione politica televisiva fino al voto regionale. Certo rimangono i giornali. Essi sono stati determinanti per il 25,4% degli elettori (il 34% tra i più istruiti). Un bel numero (pur sempre uno dei più bassi del mondo occidentale), ma pur sempre poco per determinare l’esito delle elezioni.

Sorveglianza e Società

Pubblico l’Introduzione[1] del primo libro dell’Italian Group on Surveillance Studies.  Il libro che qui presentiamo è il frutto di una relazione che gli autori hanno sviluppato nel corso degli ultimi anni e che ha dato vita al Gruppo italiano di studi sulla sorveglianza. Si tratta di una rete aperta ai ricercatori italiani che vuol essere al contempo un nodo di un più ampio network di studiosi della sorveglianza che fa riferimento al Surveillance Project presso la Queens’ University di Kingston (Canada), diretto da David Lyon. Il gruppo è stato fondato a Piacenza nel settembre 2008 in occasione del Festival del diritto. Desideriamo ringraziare Stefano Rodotà che in quell’occasione, come direttore, e in altre ancora come sensibile studioso e interlocutore, ha incoraggiato il dialogo tra studiosi appartenenti a diverse discipline e la realizzazione di questa iniziativa. I cinque ricercatori italiani che hanno fondato il gruppo, con l’aggiunta di un contributo di David Lyon, propongono oggi questo libro per stimolare anche in Italia un più ampio dibattito sul tema della sorveglianza a partire da una lettura critica delle libertà e delle forme di controllo sociale in riferimento al ruolo delle nuove tecnologie e alla loro penetrazione nelle organizzazioni delle società contemporanee.

Perché studiare la sorveglianza? Negli ultimi anni il fenomeno della sorveglianza ha attirato l’attenzione da parte di un numero crescente di studiosi appartenenti a diverse discipline. Aspetti economici, sociali e politici delle società contemporanee sono, infatti, sempre più regolati e organizzati sulla base di sistemi complessi di sorveglianza e controllo. Vari tipi di organizzazioni e istituzioni, dagli stati alle imprese, dalle agenzie di sicurezza alle comunità di vicinato, mettono ogni giorno in atto processi di controllo e di sorveglianza che producono conseguenze sociali e allo stesso tempo riflettono e contribuiscono alla trasformazione del modo in cui interagiamo col, e ci esponiamo al mondo esterno, della maniera in cui creiamo e accettiamo, o rifiutiamo, i modi dominanti di integrazione e dipendenza sociale.

The Homo Mediaticus and the Paralysis of Critical Thought

Massimo Ragnedda, The Homo Mediaticus and the Paralysis of Critical Thought, in

After the end of Nazism and fascism and with the fall of the Soviet block, our society has been partly founded on the myth of the freedom of the press and the freedom of thought. Fear of an Orwellian society causes us to reject and oppose any imposition that comes from high up. The human loves to feel free to think, to act with full autonomy, completely emancipated from external influences. Paradoxically, now, never has the homologation in behaviour and in the ideas of individuals been so apparent, manifesting in the ways in which we dress, eat, and in our desires and aspiration, but, above all, there is homologation in the way we think. The totalitarian regimes could not impose thoughts by force. In contrast, such regimes are sources of critical thought. In an obvious absence freedom of expression, the human reacts, almost instinctively, with cognitive force, developing “critical thought” to reject the “System”; in other words, facing a coercively created homologation, the human answers with nonconformist critical thought. Paradoxically, today, it seems that with the freedom to express one’s own opinions, the human does not develop critical thought. There exists an “abstract force” which imposes its own laws and advances its supremacy on politics: the market. This has happened primarily because of what the Frankfurt scholars call “the culture industry”; a critical analysis of the economic and cultural context in which we live shows the risks derived from a serialized production of cultural products and commercialisation of art. As Debord shows, the risk of a paralysis of critical thought comes from the “society of the spectacle.” This article is divided into three parts. The first part will examine the illusion of pluralism, where in spite of a plurality of media, the ideas diffused are similar; they are different only in appearance and not in reality.

The Political Use of Fear and News Reporting in Italy: The Case of Berlusconi’s Media Control

Massimo Ragnedda, Glenn W. Muschert, The Political Use of Fear and News Reporting in Italy:The Case of Berlusconi’s Media Control, in Columbus, Frank (ed.). Journalism in the 21st Century: A Time of Turbulent Change. Hauppage, NY: Nova Science Publishers (forthcoming)

Abstract: This chapter explores the relationship between fear of crime and political dynamics in Italy. Of particular relevance is the fact that Italian Prime Minister Silvio Berlusconi is the richest person in Italy, controlling a large share of the mass media industry. Berlusconi uses his media influence to cultivate the public’s fear of crime, for his own political gain. The chapter explores the social science literature concerning public issues, media coverage, and public fear. The Italian media landscape is described, including Berlusconi’s direct or indirect control of various media. The main thrust of the chapter explores the aspects of Berlusconi’s manipulation of crime coverage in media, which manipulates the public’s fear of crime, which in turn may be associated with voting behaviours. Concluding reflections explore the complexities of the model of media manipulation presented and the importance of the Italian case in a global climate of continuing capital accumulation in media industries.

Media and Control of Violence: Communication in School Shootings

Glenn W. Muschert, Massimo Ragnedda, Control of Violence, Heinz-Gerhard Haupt, Wilhelm Heitmeyer, Andrea Kirschner, and Stefan Malthaner (eds.) New York: Springer Publishing, (forthcoming).

Abstract: This chapter examines school shootings to explore the role that communication processes play in the dynamics related to the control of violence. We argue that much of what we observe in regard to school shootings is a mass-media phenomenon. Many such acts of violence carry expressive, communicative connotations, and thus school shootings should be understood as discursive processes. We present a model for this understanding, specifying the participants (i.e., shooters, mass media, and the public) and the directionality of communication that dominate the discourse. In particular we explore the performative script behind many school shootings and the mass media’s role in the emergence of rampages as a social problem, with an examination of how this fits into the natural-history approach to social problems. The discussion concludes with an assessment of whether the shooters’ performative script is acknowledged in policy responses to school violence.

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